UN POZZO PER KATAP

Siamo a Katap, Kotido, dove incontriamo una giovane donna.
Katap è una comunità congiunta, significa che, anni fa, due villaggi distanti tra loro si unirono per formarne uno soltanto, formato però da un lato a sud e uno a nord, e distanti per più di mezzo chilometro, ma comunque uniti. Le persone infatti si sentono parte della stessa comunità.
La giovane donna ci racconta che alcuni dei suoi più cari amici provengono dal villaggio a sud, mentre lei viene dal nord. Katap conta circa 100 famiglie, una famiglia media è composta da circa 11 persone, perciò la popolazione totale supera le 1100 persone.
Katap non ha un pozzo, attualmente la comunità raccoglie l’acqua dai pozzi di due comunità vicine. La più vicina si trova a un’ora di cammino. "Quando andiamo a prendere l’acqua dobbiamo firmare un libro, una sorta di registro" spiega la donna.
La comunità di Katap deve infatti pagare 2 mila scellini per famiglia al giorno per raccogliere l’acqua dal pozzo di un’altra comunità. La più grande difficoltà ogni giorno è racimolare abbastanza soldi per raggiungere quei 2 mila scellini. Perciò questa giovane donna, ogni giorno deve raccogliere e vendere legna, produrre e vendere miglio per ottenere i soldi necessari a raccogliere l’acqua. Non sempre riesce a svolgere la sua piccola attività in mattinata e così, quando è impegnata a recuperare i soldi nel pomeriggio, si vede costretta ad andare al pozzo quando ormai è sera e il buio avvolge la savana.
Ci racconta che il resto del tempo che ha durante la giornata lo trascorre nei campi a coltivare. Non usa l’acqua per la coltivazione, perché è già così difficile da ottenere per l’uso personale, perciò fa affidamento alla pioggia. "Saremmo anche disposti a pagare la riabilitazione del pozzo per la nostra comunità pur di essere liberi di utilizzare l’acqua, che è un bene di tutti".

(Queste testimonianze le ha raccolte Giovanni Mainetti, collaboratore di Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo, durante il periodo di ricerca tesi in Karamoja).