LE DONNE DI LOPUTUK

Essere volontari in Uganda non significa solo portare avanti un progetto, ma soprattutto incontrare storie di vita, farsi coinvolgere, rimanere pronti all’ascolto. È proprio con quest’ animo che Monica Zambon, volontaria di servizio civile in Uganda, è riuscita a conoscere le donne del centro di Loputuk, ricavandone delle testimonianze che fanno riflettere ma che ci riempiono di speranza.
Lasciamo la parola a Monica!

"Giorni fa mi sono recata presso il Centro Multisettoriale di Loputuk dove una delle storiche volontarie di Africa Mission –Cooperazione e Sviluppo, Ersilia, si reca tutti i giorni da ormai due mesi per tenere lezioni di taglio e cucito a 12 donne della zona.
Il Centro di Loputuk nasce come progetto vero e proprio nel 2009, ma è attivo fin dagli albori del Movimento in Karamoja. L’obiettivo del centro è quello di dare alle donne uno strumento alternativo di guadagno e, allo stesso tempo, diversificare la produzione nella zona. Molte donne sanno cucire a mano ma si limitano a creare modelli per i propri figli, senza pensare a questa loro capacità come ad uno strumento di guadagno. Saper usare una macchina da cucire incrementa esponenzialmente le loro possibilità di trovare lavoro o di crearsi un proprio business. Da anni ormai il centro è seguito principalmente da due volontarie italiane che si alternano nel corso dell’anno - Ersilia e Franchina – per infondere fiducia e costruire resilienza tra le giovani e non più giovani donne di Loputuk, ma anche per sostenere la comunità locale attraverso la distribuzione di viveri e vestiti ai più bisognosi, l’assistenza sanitaria, la sponsorizzazione scolastica, dimostrando in questo modo l’interesse verso gli ultimi che caratterizza l’azione della nostra associazione.
Mentre scattavo qualche foto e raccoglievo informazioni sulle attività svolte da Ersilia quest’anno, ho avuto la possibilità di scambiare qualche parola con alcune delle donne presenti. Ho conosciuto Teresa, che viene al centro dal 2007, ha 24 anni e 3 figli ed è addetta in questo momento alla macchina da cucire per la preparazione delle divise scolastiche che andranno alle nuove reclute dell’asilo della prima infanzia di Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo a Moroto.
Teresa, che conosce un po’ di inglese, mi ha permesso di scambiare due parole con Catarina. Lei non sa dirmi quanti anni ha, ma ha sei figli e dai suoi lineamenti posso assumere abbia sulla quarantina. Catarina viene al centro da quando era molto giovane, ha imparato a cucire a macchina grazie agli insegnamenti di Ersilia e Franchina e anche se non sa una parola di inglese conosce sufficientemente l’italiano per poter comunicare con le volontarie e svolgere al meglio il suo lavoro. Quel giorno era addetta all’inserimento dell’elastico nei pantaloni.
Ersilia poi mi indirizza verso Sabina. È la più anziana tra le donne presenti al centro e da allieva si è presto trasformata in risorsa: ora aiuta Ersilia nel suo difficile compito di farsi capire dalle donne e soprattutto di far fare loro il lavoro proprio come lo farebbe lei stessa, minuziosamente accurata e puntigliosa.
Sabina viene al centro dal 1994. Ha cominciato quando aveva 21 anni. Ora ha 8 figli, 5 maschi e 3 femmine ma solo 3 vanno a scuola al momento e una di loro è Claudia, la sua primogenita.
È con Claudia che riesco a parlare e a scoprire qualcosa di più anche di Sabina, che come le altre donne, conosce solo qualche parola di italiano, ma niente inglese. Sabina al centro guadagna 50.000 scellini ugandesi al mese, che gli bastano solo per sfamare i suoi 8 figli. Quando non lavora al centro, guadagna qualcosa spaccando e vendendo pietrisco a lato della strada, ma questo non le fa guadagnare molto.
Sabina è rimasta sola con i suoi figli nel 2012 quando, mi racconta Claudia, il padre è morto e la famiglia è stata completamente emarginata. In Karamoja quando l’uomo di famiglia muore o se ne va, coloro i quali restano indietro vengono rifiutati dalla famiglia allargata, non viene dato loro alcun aiuto o supporto, nessuno si fa carico della salute o dell’educazione dei figli. È come se queste 9 persone non esistessero più e fossero anch’esse morte.
Ma loro esistono ancora, sopravvivono ancora, hanno sogni, aspirazioni e necessità. Claudia ne è consapevole e questa situazione le sta stretta, vuole cambiare e ce la sta mettendo tutta. Chiacchierando mi racconta che fa parte di un gruppo di giovani che si riunisce proprio nel Centro Giovani Don Vittorio. È grazie a questo gruppo che l’accompagna nella crescita che Claudia ha potuto godere dell’aiuto e dell’attenzione degli altri, ha potuto andare a scuola supportata dal programma di sponsorship scolastica che dal 2004 gli amici del Movimento finanziano e che permette attualmente a 150 bambini e ragazzi come Claudia di avere un futuro. Attraverso questo gruppo di giovani a cui appartiene, Claudia ha potuto anche visitare l’Italia nel 2015 grazie al programma di scambio “Vieni e Vedi” sponsorizzato ogni anno, e quest’anno, mi dice, ha partecipato alla ricostruzione del presepe vivente con il supporto e la guida di Don Sandro e altri 50 ragazzi della parrocchia di Regina Mundi.
Incuriosita, chiedo allora a Claudia cosa le è parso dell’Italia e come questo incontro con il nord del mondo l’ha toccata. Prima di tutto mi risponde che in Italia fa troppo freddo, e il cibo non le è piaciuto poi così tanto. Ma quello che ammira del popolo italiano è la cultura del risparmio, l’armonia e l’unità che lo caratterizzano e la pace dello spirito che ha percepito. Probabilmente Claudia ha fatto esperienza di un’Italia molto diversa da quella che ciascuno di noi conosce; è stata circondata da persone che l’hanno accolta con calore e che non aspettavano altro se non ricambiare l’amore con cui ogni anno i tanti volontari di AM-C&S vengono accolti in Karamoja.
Il suo sorriso ad un certo punto si spegne e viene rimpiazzato da un cipiglio serio e determinato, una luce negli occhi cambia completamente il suo approccio, finora distaccato e assertivo, della nostra conversazione, mentre mi confessa che da qualche tempo si sente scoraggiata: sua mamma fatica ogni giorno di più per raccattare qualcosa per il loro unico pasto giornaliero. Lei è fortunata perché passa la maggior parte dell’anno a scuola, ma i suoi fratelli più piccoli sono soli.
Oggi si trova al centro proprio perché, con l’arrivo delle vacanze scolastiche, ha chiesto anche lei di poter partecipare e guadagnare qualcosina. Essendo molto creativa, Ersilia l’ha messa a lavorare nel laboratorio di perline per la creazione di collane. A Claudia piace molto, come le piace molto dipingere e creare tessuti. Purtroppo non può permettersi di comprarsi l’attrezzatura necessaria.
Claudia vuole fare l’infermiera. Domenica, mi dice, ripartirà per il suo ultimo anno di scuola superiore, e poi vorrebbe iscriversi alla scuola di infermieristica. Quello che vuole di più al mondo, è dimostrare che lei può farcela. Che il fatto di essere una ragazza non influisce sul suo rendimento scolastico e che, investire su di lei, darà i suoi frutti. Non tutte le ragazze devono per forza rimanere incinte a scuola o abbandonare gli studi. Lei ce la vuole fare, ed è già a tre quarti del suo percorso."