Il ritorno in Italia dei caschi bianchi 2021

Il ritorno in Italia dei caschi bianchi 2021

Che strano rivederli qui. Sono più grandi, le facce abbronzate, alcuni hanno al polso i braccialetti di gomma che si trovano a Moroto o quelli di perline con la bandiera ugandese. Ai piedi hanno i sandali, le infradito, addosso le maglie con i loghi di Africa Mission Cooperazione e Sviluppo o con qualche fantasia africana. Che strano vederli così, così cambiati i nostri volontari di servizio civile dopo quasi un anno di Uganda (mentre invece il nostro volontario di servizio civile in Italia Matteo Zazzera ha ultimato il suo anno a fine maggio): la loro esperienza di caschi bianchi si è conclusa con una due giorni nella sede di Piacenza, una mattina di riflessioni e chiacchierate su quello che si portano dietro e dentro, gli auguri per quello che sarà.

"Quando sono arrivata giù ero emozionata - ammette Sara Pugliese - poi man mano penso di essere cresciuta. Anche la vita comunitaria ha fatto la sua parte perchè era bello avere sempre qualcuno ad ascoltarti e a dare supporto. Ed è stato bello avere la possibilità di conoscere un Paese".
"In un anno abbiamo attraversato molte fasi - le fa eco Matteo Roscio - all'inizio abbiamo fatto tantissime cose assieme, poi ognuno si è ritagliato un suo spazio. Credo fosse normale: ci siamo sempre detti che eravamo tutti diversi, ma che ognuno avesse qualcosa di buono da dare agli altri".
Di tutto questo anno Giovanni Cesero si è portato a casa delle parole: "Il coraggio, la fiducia, l'entusiasmo perché quando sono partito ero molto carico - spiega - ma anche la consapevolezza di avere fatto la scelta giusta perché sapevo che era l'esperienza per me. Mi sono portato dietro anche delle incertezze, il bisogno di dimostrare a me stesso e alla famiglia di essere capace di dedicarmi appieno a un lavoro e di starci bene".
Per Carla Sciannella invece l'Uganda si racconta attraverso un caleidoscopio di immagini che hanno bisogno di quella che lei chiama "una rilettura a freddo": "Il sole che trafigge le pupille. E poi il senso di essere dentro una grande famiglia perché per me era impossibile scindere la casa dal lavoro" fa notare.
E a dirlo è anche Sara Capelli: "A Moroto mi sono sentita molto a casa - spiega - era come se ci fossero i nonni, i genitori, poi c'eravamo noi, poi i bambini. Credo che sia stata un'esperienza, questa, in cui siamo stati molto felici".