Diario di viaggio: diverse origini, un'unica casa

Il gruppo, in viaggio, torna ad Alito per accompagnare esperti dell' università Cattolica con il compito di monitorare il progetto. Anche se hanno già visitato il posto solo una settimana fa, c'è ancora motivo per meravigliarsi. Leggiamo come sempre il diario di viaggio di oggi:


26 novembre
Che nel raggio di una manciata di metri potessero esserci una distesa di piante di basilico, un campo di pomodori e una porcilaia con decine di maiali dentro ce lo saremmo aspettati nella (rossa) Emilia. Ma qui siamo nel cuore dell'Africa che rossa lo è per la terra che si appiccica alle scarpe e ai vestiti anche mentre stai fermo. Ad Alito, cinque ore da Moroto e circa sei da Kampala, eravamo passati qualche giorno fa, accolti con una grande e chiassosissima festa dall'ottantina di studenti della bella scuola di Agribusiness gestita da Africa Mission Cooperazione e Sviluppo. Ci siamo tornati oggi, almeno una parte di noi, per accompagnare i docenti Giuseppe Bertoni e Vincenzo Tabaglio e il ricercatore Andrea Minardi dell'università Cattolica di Piacenza scesi per monitorare il proseguo del progetto di formazione di agricoltori e allevatori attivato fra l'associazione di don Vittorio e l'ateneo cittadino. Se è vero che, come dice Borges, non c'è giorno che controluce non riveli una rete di minime sorprese, ad Alito noi abbiamo trovato un piccolo pezzo di casa. E non è solo per i pomodori, il basilico e i maiali che ci suggeriscono pianure padane e villeggiature liguri: troviamo fiori di zucca e sesamo messo a seccare, sacchi pieni di chia (sì, esattamente quella che noi mettiamo la mattina nello yogurt o nel kefir), galline, conigli, tacchini, anatre. Troviamo, ed è una delle cose più belle, una gran classe di studenti del training center intenta a far lezione all'aperto. Troviamo un piatto di risotto che qui è una gran sorpresa e una caffettiera sul fuoco con cui un trentino e un udinese trapiantato a Milano, che sono rispettivamente il coordinatore del progetto Pietro Scartezzini e il suo collega Norberto Lesi, ci accolgono insieme a un mucchio di chiacchiere e a un pacchetto di galatine. Ci ricarichiamo come i pannelli solari che si vedono sparsi tra la polvere nei villaggi e siamo pronti a ripartire: un'altra casa ci aspetta ed è quella di Kampala

Betty Paraboschi