Diario di viaggio: Campo rifugiati ad Adjumani

Diario di viaggio: Campo rifugiati ad Adjumani

Il viaggio del nostro gruppo in Uganda entra nel vivo!Il primo progetto che hanno visitato è l'iniziativa di supporto multisettoriale ai rifugiati e sfollati ad Adjumani, nel nord dell'Uganda. Leggiamo le parole della nostra Betty che ci descrive anche un incontro interessante: 



Martedì 18 novembre

Cinque ore di macchina su una strada per metà sterrata bastano. Bastano anche i 34 gradi delle sei del pomeriggio che oggi però saranno stati almeno tre in più. Tutto basta per imparare un nuovo modo di fare accoglienza: sporchi e accaldati visitiamo Adjumani: un distretto, 18 campi, quasi 228 mila rifugiati che arrivano dal Sud Sudan. Africa Mission Cooperazione e sviluppo lavora in otto di questi con 136 mila rifugiati. Ci sono otto scuole primarie con classi da 120 bambini. Nel dispensario ogni mese ne nascono 75; 100 invece vengono al mondo in casa, o meglio nelle baracche. Dorkless ci mostra le sue: ha 35 anni, due gemelli, un compagno, un padre che era medico e una storia ingombrante alle spalle. Rifugiata in Kenya dal 1992 al 2011, arrivata in Uganda il 26 marzo 2013 con la mamma. Oggi è leader di comunità, interviene a disinnescare conflitti che qui e ora, nella complessa convivenza fra sudsudanesi e ugandesi, rischiano di far più danni delle bombe. "In Kenya non avrei potuto farlo, Africa Mission e lo stato ugandese mi hanno dato tutto". Dentro quel tutto ci sono un documento che viene rilasciato ai rifugiati immediatamente quando arrivano e che permette loro di essere pienamente ugandesi, di avere i loro stessi diritti: di cercare un lavoro, di comprare una macchina o un pezzo di terra. All'arrivo ad Adjumani ognuno riceve il necessario per costruirsi la propria casa, un appezzamento da coltivare e delle borse viveri che periodicamente sono distribuite. I bambini vengono mandati a scuola, le donne filano coperte e tovaglie colorate. Chiaramente i problemi ci sono anche qui: alle famiglie si fa fatica a far capire l'importanza del controllo delle nascite e le madri spesso sono loro stesse bambine. Il governo ugandese ha un interesse nel promuovere un'accoglienza tutta alla luce del sole (e che sole) perché la trasforma in un motore dell'economia. Che, a ben pensarci, è quello che noi facciamo così fatica anche solo a immaginare.

Betty Paraboschi