Diario di Viaggio: Alito, una magia concreta

Diario di Viaggio: Alito, una magia concreta

Dopo Kampala, Gulu e Adjumani, il nostro gruppo fa tappa a Alito (Lira) e con più precisione nella scuola di agribusiness. Non si limita solo ad essere una scuola o un semplice progetto ma è molto di più! Ce lo racconta sempre Betty, leggiamo insieme le sue parole :

20 novembre
Il numero magico, ad Alito, è cento. O quasi. Cento sono più o meno i ragazzi dai diciotto ai ventotto anni che studiano per diventare contadini o allevatori. Cento, più o meno, sono gli ettari che la scuola di Agribusiness fondata da Africa Mission Cooperazione e Sviluppo ha riempito di pomodori, zucchine, manghi, insalata, zucche. Cento, più o meno, sono i conigli e altrettanti i maiali e le galline e i pesci che questa fattoria, nata dalla terra rossa di Alito, conta. E che servono agli agricoltori e allevatori di domani.
Il nostro terzo giorno ugandese ci porta lì dopo aver salutato le missionarie comboniane di Gulu: alle quattro del mattino suor Giovanna ci ha preparato il caffè, le fette di pane tostate, la marmellata di mango fatta con le consorelle. Alle cinque la partenza che ci permette di scoprire una Gulu dall'intensa vita notturna e di arrivare, attraverso una strada  che taglia in due la terra rossa, ad Alito alle sette. Pietro e Norberto, che da un anno fanno parte della grande famiglia di Africa Mission Cooperazione e Sviluppo, ci accolgono con molto caffè e tante parole corroboranti che ci serviranno dopo per capire meglio il grande progetto della scuola di Agribusiness. L'obiettivo non è solo quello di formare a stretto giro, sei mesi per intenderci, dei coltivatori e degli allevatori: e quindi di garantire all'economia di girare attraverso delle persone qualificate. Attualmente ad Alito metà studenti proviene dal Sudan e metà conta dei ragazzi ugandesi del distretto di Adjunami: per chi arriva da fuori non significa nulla, ma chi abita questa terra rossa sa che l'unione fra chi è scappato dal suo Paese e le popolazioni locali è complicata. La collaborazione lo è ancora di più. Lo spirito della scuola, chiamata anche Training Center, è dunque quello di costruire una società unita, resistente. In poche parole: dare gambe forti all'Uganda del futuro perché si possa muovere senza incertezze nel mondo globalizzato. La dimostrazione di quanto questa impresa stia riuscendo ce la danno gli studenti e gli ex studenti venuti ad accoglierci e a salutare monsignor Giuseppe Franzelli, vescovo storico di Lira fino a qualche mese fa: Rebecca che coltiva i cavoli che mangiamo a pranzo, un'altra ragazza che ha moltiplicato i suoi cinque alveari arrivando a trenta. I numeri però danno poco conto della realtà di Alito: sono soggettivi, cambiano di bocca in bocca. È oggettiva invece, concreta la magia che porta l'Uganda a essere non più o meglio non solo la terra della fame, ma un rigoglioso giardino d'Africa con un futuro.