COP 21 – Un segnale è stato dato per il futuro del Pianeta, ma si deve ancora fare molto per le popolazioni più vulnerabili.

Il testo dell’accordo universale sul cambiamento climatico è stato adottato. La mobilitazione di massa e la pressione dal basso hanno costretto i politici a fare riferimento all’obiettivo di limitare l’innalzamento della temperatura agli 1,5 gradi centigradi, a menzionare il concetto di giustizia climatica e a dare un segnale all’industria dei carburanti fossili che il suo tempo è oramai finito.

FOCSIV (Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario) alla quale aderisce anche Africa Mission-Cooperazione e Sviluppo, insieme a CIDSE con e Caritas Internationalis sono state presenti insieme a Parigi alle negoziazioni di COP 21, durante tutto il periodo del suo svolgimento. Per le organizzazioni cattoliche, che si sono impegnate fortemente per la definizione di un accordo giusto ed equo a favore delle popolazioni più povere, l’obiettivo degli 1,5 gradi sottoscritto sarà utile per raggiungere la giustizia climatica, purché tutti i paesi rispetteranno gli impegni presi. Se i tagli alle emissioni saranno credibili scientificamente e attuati entro il 2050, se si realizzerà un meccanismo capace di monitorare in modo trasparente il progresso e i successivi allargamenti degli impegni dei diversi paesi, se saranno resi disponibili finanziamenti rilevanti e prevedibili, soprattutto da parte di quegli stati che hanno la responsabilità storica del cambiamento climatico e che hanno una maggiore capacità economica, allora tutti potranno contribuire in misura diversa alla riduzione delle emissioni avvicinandole allo zero nei prossimi decenni.
“Abbiamo sperato nel coraggio e nella creatività dei leader politici nell’affrontare le questioni del cambiamento climatico, tuttavia l’accordo non ha l’ambizione che avremmo desiderato e non offre soluzioni adeguate all’urgenza dei problemi di cui soffrono le popolazioni più povere e vulnerabili sul Pianeta. – ha affermato Michel Roy, Segretario generale di Caritas Internationalis – Sebbene sia stato fatto cenno alla connessione tra cambiamento climatico, sradicamento della povertà e accesso equo allo sviluppo sostenibile, è insufficiente il riferimento ai diritti umani, che non appaiono essere al centro dell’accordo, mentre dobbiamo agire affinché prevalga il bene comune rispetto agli interessi particolari.”
In merito alla questione inerente la finanza messa a disposizione del clima, mentre è rassicurante leggere che i paesi più ricchi si faranno carico di impegnare 100 miliardi di dollari all’anno per il fondo verde, tuttavia non si trova alcuna indicazione su come pensano di raccogliere i soldi di questo fondo. Vi è la necessità che i governi assicurino in modo inequivocabile i finanziamenti per i paesi più poveri, ciò non è mai accaduto, né vi è alcuna garanzia che tali risorse economiche saranno trovate. Rifacendosi a quanto sostenuto da Papa Francesco, i paesi che sono gli artefici in maggiore misura della crisi climatica devono pagare il loro debito ecologico alle nazioni meno responsabili. Un’altra preoccupazione riguarda i diritti umani, ai quali c’è solo un accenno nell’accordo e non hanno un ruolo preminente, come auspicato, negli impegni sottoscritti. Vi è il serio pericolo che le misure adottate contro il cambiamento climatico abbiano un effetto negativo sui diritti umani delle popolazioni più povere. Altra questione è la sicurezza alimentare, per la quale l’accordo è assolutamente insufficiente, non vengono considerati i bisogni dei piccoli contadini di fronte al cambiamento climatico. Non ci sono impegni sul diritto alla terra degli agricoltori né tanto meno sono prese in considerazione le loro necessità nel doversi adattare ai cambiamenti climatici.
“Ispirati dalle parole di Papa Francesco, insieme alle centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo, chiediamo ai governi di considerare la dimensione morale delle loro decisioni politiche rispetto al cambiamento climatico ed a porre le comunità più povere, che stanno soffrendo di più degli impatti del cambiamento climatico, al centro dei loro sforzi. – ha sottolineato Heinz Hodl, Presidente di CIDSE – La cura della nostra casa comune richiede a tutti di far fronte alla crisi sociale ed ambientale.”
Dopo anni di discussioni e controversie, per la prima volta, la questione delle perdite e dei danni causati dal cambiamento climatico è stata inclusa nell’accordo. Tale scelta rappresenta un buon punto di partenza per poter sostenere le popolazioni più vulnerabili, tuttavia è deludente e sconcertante come alcuni paesi abbiano tentato di minimizzare le loro responsabilità per non essere costretti a farsi carico dei danni irreversibili e irreparabili provocati verso queste popolazioni.

“È necessario ora seguire con attenzione la realizzazione dell’accordo a livello nazionale: in Italia il Governo deve passare al più presto a una nuova strategia energetica che metta al centro le fonti rinnovabili e all’adozione di un piano di adattamento credibile. Contemporaneamente occorre mobilitare il sistema Italia, tra cui le tante ONG che operano da anni per la giustizia climatica, affinché la cooperazione con i paesi più poveri diventi una priorità e una responsabilità per tutti, così come una grande opportunità di collaborazione tra popoli per un futuro sostenibile. La Coalizione italiana per il clima può giocare un ruolo importante in questa mobilitazione”. Ha ribadito Gianfranco Cattai, presidente di FOCSIV. Nonostante l’inadeguatezza dell’accordo, CIDSE con FOCSIV e la Caritas Internationalis affermano la loro vicinanza alle grandi dimostrazioni di solidarietà per la giustizia climatica dei movimenti dal basso. Le organizzazioni cattoliche continueranno ad essere impegnate per partecipare, facilitare e sostenere questi movimenti, per far si che i nostri politici siano sempre più responsabili nell’attuazione dell’accordo e più ambiziosi nei risultati raggiunti. Il movimento per la giustizia climatica sta crescendo e continuerà ad affermarsi anche dopo Parigi.