Caterina e l'esperienza del servizio civile in Uganda.

Caterina e l'esperienza del servizio civile in Uganda.

Caterina è partita a marzo per svolgere un anno di servizio civile in Karamoja, dove si occupa dell'asilo e del centro giovani insieme al collega Mario. Rientrata in Italia per una settimana per motivi famigliari, è passata nella nostra sede di Piacenza per raccontarci questi primi mesi.

Com'è stato l'impatto con una terra bella ma difficile come quella del Karamoja?
All'inizio è stato tutta una novità, non è mai semplice calarsi in una realtà nuova, anche se sono nata in Uganda e ho vissuto in Kenya e in Etiopia fino a 18 anni. Ovviamente ai tempi non avevo responsabilità, ero solo una ragazzina, e quindi non sperimentavo la realtà locale fino in fondo. Dopo 10 anni di vita in Italia, ormai mi ero abituata ai ritmi, allo stile, alle richieste italiane ed è stato come dover rincominciare di nuovo da capo. Ad esempio, è stato un po' un trauma confrontarsi con gli standard igienici africani, sicuramente molto più "rilassati" rispetto ai nostri, così come vedere la generale non curanza nei confronti dei bambini, che vengono considerati una possibile fonte di guadagno. Per entrambe le cose serve un cambio di mentalità, problemi come la mancanza di servizi igienici o di attenzione verso l'infanzia hanno grosse ripercussioni sul futuro della regione.

Quali sono a tuo avviso le sfide maggiori che il Movimento dovrà affrontare in futuro?
Sicuramente, come affermavo prima, la sfida maggiore che ci troviamo davanti riguarda un cambio della mentalità: spesso le persone in Karamoja aspettano passivamente di ricevere da noi le cose di cui hanno maggiormente bisogno, mentre dovrebbero prendere di più il loro destino in mano. Un grosso problema poi è costituito dall'abuso di alcool, dopo pranzo gli uomini iniziano già ad ubriacarsi e adesso anche le donne stanno iniziando a bere troppo. Un tempo era disponibile solo la birra locale, mentre oggi si trovano tanti tipi di alcool in commercio. Per fortuna il governo sta intervenendo, ma servono misure più risolutive. È necessario quindi che AMCD si impegni a far trovare ai karimojong una loro nuova identità, dato che hanno perso quella di pastori-guerrieri. Sicuramente, i corsi di formazione e i progetti del settore socio-educativo possono svolgere un ruolo di rilievo in questa direzione.

La vita nel compound mette al centro il concetto di comunità. Come affronti un rapporto così stretto con persone che fino a pochissimo tempo fa non conoscevi?
Il rapporto con gli altri espatriati che vivono nel compound è molto positivo, ogni sera ci si ritrova per scambiarsi testimonianze e consigli. Chi è in Karamoja da più tempo aiuta noi del servizio civile ad ambientarci e a comprendere meglio la realtà circostante. È bello poter stare in compagnia dopo una giornata a volte lunga e un po' stressante e rilassarsi guardando un film insieme o chiacchierare. Nel giorno libero a volte andiamo insieme a trovare i membri di altre associazioni che lavorano nella zona, oppure andiamo dalle Sisters of Charity per coccolare i bambini orfani ospitati da loro. 

Cosa ti ha spinto a fare la scelta del servizio civile con Africa Mission-Cooperation and Development?
Ho fatto questa scelta perché volevo rivedere una realtà che avevo sperimentato da piccola e confrontarmi con il "mondo del lavoro" africano, misurarmi con aspettative, obiettivi e richieste diverse da quelle a cui ero abituata. Sono contenta di questa decisione, anche se l'ansia di migliorare il contesto nel quale mi trovo non mi ha ancora abbandonata: so che ci vuole tempo e pazienza, ma sento la responsabilità di lasciare qualcosa di meglio per il futuro.